Armando Testa

21 febbraio 2001 - 13 maggio 2001

Nato a Torino nel 1917, Armando Testa è considerato il padre della moderna pubblicità italiana, e anche al di fuori di questo specifico ambito è stato un maestro nella comunicazione, un “creativo” che ha inventato nuovi linguaggi, sempre adottando i mezzi tecnologicamente più avanzati.
Per quanto la sua produzione si sia differenziata a seconda della funzione che andava a svolgere, dal messaggio pubblicitario a quello teso alla promozione culturale, dall’ironico cartoncino di auguri al manifesto di sensibilizzazione civile Testa non ha mai posto differenze nel suo approccio all’atto creativo, come documenta la mostra che gli dedica il Castello di Rivoli.
Da ragazzo, quando lavora come tipografo, frequenta la scuola serale Vigliardi Paravia dove, fra i suoi maestri, il pittore Enzo D’Errico gli comunica l’amore per l’arte astratta, soprattutto quella di impostazione razionalista derivata dal Bauhaus. Guardando a questa eredità culturale, progetta il manifesto per la fabbrica di inchiostri tipografici ICI, una delle sue prime opere di successo, con un disegno geometrico. Dall’astrazione geometrica assimila il gusto per la sintesi formale, in una reiterata verifica del motto di Mies van der Rohe Less is more, il meno è il più. Per tutta la vita Testa cercherà, e troverà, immagini che nella loro essenzialità riescono a comunicare integralmente il messaggio che sono tenute a veicolare, come si vede soprattutto nei manifesti della sua prima attività di grafico pubblicitario, quelli realizzati fino all’imporsi del fotocolor nel linguaggio del graphic design.
La tensione alla sintesi si basa su un vocabolario di segni dinamici, e genera il gusto per un’immagine unica che però ne contiene molte, quasi un organismo in metamorfosi: è il caso di alcuni fra i più riusciti manifesti realizzati nel corso degli anni Cinquanta, dove protagonista è la fusione fra corpi di animali ed elementi meccanici, o anche di molto lavoro di libera invenzione realizzato in serigrafia, dove emerge anche un altro carattere distintivo del lavoro di Testa, il suo tono ironico.
Fra tutte le sue immagini, non poche hanno raggiunto una notorietà ben maggiore di quella che di solito arride alle campagne pubblicitarie anche più fortunate. Fra queste, il famoso logo inventato per l’aperitivo Punt e Mes, costituito da una semplice sfera che sovrasta una mezza sfera, a tradurre letteralmente, con uno slittamento semantico semplice quanto geniale, l’espressione verbale “un punto e mezzo” che identifica la bevanda, un amaro con una punta di dolce…
Prodotto tipico della cultura di massa, la fotografia a colori nel corso degli anni Sessanta sostituisce progressivamente il disegno nel mondo della pubblicità, e Armando Testa, ormai a capo di un’agenzia destinata a diventare leader non solo in Italia, si adegua senza condizioni al nuovo mezzo, ideando campagne che faranno epoca nel nostro paese.
In quegli anni tuttavia il successo maggiore gli proviene dal suo impegno nella televisione, il nuovo mezzo di comunicazione presto capillarmente diffuso. Testa ne fa un uso fantasioso e favolistico, inventando personaggi come il Caballero Misterioso, Carmencita, Paulista e gli abitanti del pianeta Papalla, semplici coni e sfere con pochi attributi umani, sapientemente ripresi con la tecnica del “passo uno”, cioè in sequenze fotografiche che, una volta filmate, danno il senso del movimento. Crea anche brevi sketchs con attori professionisti a cui affida espressioni e slogan che entrano presto nel linguaggio comune, come “…la pancia non c’è piu!” o “Chiamami Peroni, sarò la tua birra…”. Nel breve filmato televisivo si esplica al meglio quel carattere narrativo che secondo Testa deve essere intrinseco ad ogni messaggio indirizzato al pubblico più vasto.
La creatività di Testa si è espressa su molti versanti, nell’ambito della comunicazione sociale quanto in quello più privato dell’espressione artistica. Le sue immagini hanno travalicato il mondo del consumo per disporsi a veicolare messaggi tesi alla sensibilizzazione collettiva su problematiche sociali e politiche, come il sostegno ad Amnesty International. Fra i suoi committenti molte sono state le istituzioni culturali, come il Festival di Spoleto, il Teatro Regio e il Salone del Libro di Torino o lo stesso Castello di Rivoli, per i quali Testa ha creato manifesti, copertine e marchi. A questa variegata attività si affianca poi, soprattutto negli ultimi anni della sua vita, la libera creazione di forme e figure, fra le quali spicca, in tutto il suo pathos drammatico, quella estrema della croce.
Armando Testa muore a Torino il 20 marzo 1992.
Giorgio Verzotti